Per troppo tempo il popolo palestinese è stato sottoposto ad apartheid, occupazione militare e disumanizzazione. Un nuovo capitolo, più oscuro, si profila all’orizzonte.
“Niente elettricità, niente cibo, niente acqua, niente carburante, tutto sarà chiuso. Stiamo combattendo contro animali umani e ci comportiamo di conseguenza”: così il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant descrive le nuove misure.
Stiamo entrando in un territorio pericoloso, potenzialmente un genocidio come descritto dalla Convenzione sul genocidio attraverso “l’inflizione deliberata al gruppo di condizioni di vita calcolate per portarlo alla distruzione fisica in tutto o in parte”.
Si tratta di una grave escalation. Forse addirittura eclissando l’apartheid israeliano come descritto nei dettagli da Human Rights Watch, B’tselem e Amnesty International.
I nostri leader occidentali, tuttavia, continuano ad appoggiare l’oppressore, a condonare i crimini contro l’umanità condotti da Israele e a negare il diritto alla resistenza dei palestinesi. Le Nazioni Unite, nel frattempo, sono state lente a reagire e incapaci di andare oltre le sessioni di emergenza. Tra i continui bombardamenti, più di 338.000 persone sono state sfollate all’interno di Gaza e più di un milione hanno ricevuto un preavviso di 24 ore da Israele per lasciare il nord di Gaza.



